martedì 31 maggio 2016

L'Amica di Nonna Speranza di Guido Gozzano


«...alla sua Speranza
la sua Carlotta...
28 Giugno, 1850».
(dall'album: dedica d'una fotografia).


Loreto impagliato e il busto d'Alfieri, di Napoleone, 
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!) 
il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti, 
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, 
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve, 
gli oggetti col mònito, salve, ricordo, le noci di cocco, 
Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po' scialbi, 
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici, 
le tele di Massimo d'Azeglio, le miniature, i dagherottipi: 
figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone 
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto, 
il cúcu dell'ore che canta, le sedie parate a damasco 
chermisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta! 

I fratellini alla sala quest'oggi non possono accedere 
che cauti (hanno tolto le federe ai mobili: è giorno di gala). 
Ma quelli v'irrompono in frotta. 
È giunta è giunta in vacanza la grande sorella Speranza 
con la compagna Carlotta. 
Ha diciassette anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso: 
da poco hanno avuto il permesso 
d'aggiungere un cerchio alla gonna;
il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine: 
piú snella da la crinoline emerge la vita di vespa. 
Entrambe hanno un scialle ad arancie, a fiori, a uccelli, 
a ghirlande: divisi i capelli in due bande 
scendenti a mezzo le guancie. 
Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore 
sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza. 
Han fatto l'esame piú egregio di tutta la classe. 
Che affanno passato terribile! 
Hanno lasciato per sempre il collegio. 
O Belgirate tranquilla! La sala dà sul giardino: 
fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino.
Silenzio, bambini! Le amiche − bambini fate pian piano! − 
le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche: 
motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto 
di Arcangelo del Leuto e di Alessandro Scarlatti; 
innamorati dispersi, gementi il «core» e «l'augello», 
languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:

            «... caro mio ben 
            credimi almen, 
            senza di te, 
            languisce il cor! 
            Il tuo fedel 
            sospira ognor, 
            cessa crudel 
            tanto rigor!»

Carlotta canta, Speranza suona. 
Dolce e fiorita si schiude alla breve romanza 
di mille promesse la vita. 
O musica, lieve sussurro! 
E già nell'animo ascoso d'ognuna sorride 
lo sposo promesso: il Principe Azzurro, 
lo sposo dei sogni sognati... O margherite in collegio 
sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati
Giungeva lo Zio, signore virtuoso, di molto riguardo, 
ligio al Passato al Lombardo-Veneto e all'Imperatore. 
Giungeva la Zia ben degna consorte, molto dabbene, 
ligia al Passato sebbene amante del Re di Sardegna. 
«Baciate la mano alli Zii!» dicevano il Babbo e la Mamma, 
e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii. 
«E questa è l'amica in vacanza: madamigella Carlotta 
Capenna: l'alunna piú dotta, l'amica piú cara a Speranza». 
«Ma bene... ma bene... ma bene...» − diceva gesuitico e tardo 
lo Zio di molto riguardo − «ma bene... ma bene... ma bene...
Capenna? Conobbi un Arturo Capenna... Capenna... Capenna... 
Sicuro! Alla Corte di Vienna! Sicuro... sicuro... sicuro...» 
«Gradiscono un po' di marsala?» «Signora Sorella: magari». 
E sulle poltrone di gala sedevano in bei conversari. 
«... ma la Brambilla non seppe... − È pingue già per l'Ernani; 
la Scala non ha piú soprani... − Che vena quel Verdi Giuseppe! 
«... nel marzo avremo un lavoro − alla Fenice: m'han detto − 
nuovissimo: il Rigoletto; si parla d'un capolavoro. − 
«... azzurri si portano o grigi? − E questi orecchini! Che bei 
rubini! E questi cammei?... − La gran novità di Parigi...
«... Radetzky? Ma che! L'armistizio... la pace, la pace che regna... 
Quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio! 
«È certo uno spirito insonne... − ... e forte e vigile e scaltro. 
«È bello? − Non bello: tutt'altro... − Gli piacciono molto le donne. 
«Speranza!» (chinavansi piano, in tono un po' sibillino) 
«Carlotta! Scendete in giardino: andate a giuocare al volano!» 
Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto 
inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene. 
Oimè! Ché, giocando, un volano, troppo respinto all'assalto, 
non piú ridiscese dall'alto dei rami d'un ippocastano!
S'inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago, 
sognando l'amore presago nei loro bei sogni trilustri. 
«... se tu vedessi che bei denti! − Quant'anni? − Vent'otto. 
− Poeta? − Frequenta il salotto della Contessa Maffei!» 
Non vuole morire, non langue il giorno. S'accende piú ancora 
di porpora: come un'aurora stigmatizzata di sangue; 
si spenge infine, ma lento. I monti s'abbrunano in coro: 
il Sole si sveste dell'oro, la Luna si veste d'argento. 
Romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome 
dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,
il sogno di tutto un passato nella tua curva s'accampa: 
non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato? 
Vedesti le case deserte di Parisina la bella 
non forse? Non forse sei quella amata dal giovane Werter? 
«... Mah!... Sogni di là da venire. − Il Lago s'è fatto piú denso 
di stelle − ... che pensi?... − Non penso... − Ti piacerebbe morire? 
«Sí − Pare che il cielo riveli piú stelle nell'acqua e piú lustri. 
Inchínati sui balaustri: sognamo cosí fra due cieli... 
«Son come sospesa: mi libro nell'alto!... − Conosce Mazzini... 
− E l'ami? − Che versi divini!... Fu lui a donarmi quel libro,
ricordi? che narra siccome amando senza fortuna
un tale si uccida per una: per una che aveva il mio nome». 
Carlotta! Nome non fine, ma dolce! Che come l'essenze 
risusciti le diligenze, lo scialle, la crinoline... 
O amica di Nonna conosco le aiuole per ove leggesti 
i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo. 
Ti fisso nell'albo con tanta tristezza, ov'è di tuo pugno 
la data: vent'otto di Giugno del mille ottocento cinquanta. 
Stai come rapita in un cantico: lo sguardo al cielo profondo, 
e l'indice al labbro, secondo l'atteggiamento romantico.
Quel giorno − malinconia! − vestivi un abito rosa 
per farti − novissima cosa! − ritrarre in fotografia... 
Ma te non rivedo nel fiore, o amica di Nonna! Ove sei 
o sola che − forse − potrei amare, amare d'amore?



L'uomo di Nazim Hikmet



Le piante, da quelle di seta fino alle più arruffate
gli animali, da quelli a pelo fino a quelli a scaglie
le case, dalle tende di crine fino al cemento armato
le macchine, dagli aeroplani al rasoio elettrico

e poi gli oceani e poi l'acqua nel bicchiere
e poi le stelle
e poi il sonno delle montagne
e poi dappertutto mescolato a tutto l'uomo

ossia il sudore della fronte
ossia la luce nei libri
ossia la verità e la menzogna
ossia l'amico e il nemico
ossia la nostalgia la gioia il dolore

sono passato attraverso la folla
insieme alla folla che passa.

Nazim Hikmet


Anima mia di Nazim Hikmet


Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s'affonda nell'acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà

anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come 

nell'arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.

Nazim Hikmet


domenica 1 maggio 2016

I Pastori - di Gabriele D'Annunzio


Settembre, andiamo.
E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti alpestri,
che sapor d'acqua natia rimanga
ne' cuori esuli a conforto
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral
cammina la greggia.
Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciaquìo, calpestìo, dolci rumori.
Ah perchè non son io co' miei pastori ?

Gabriele D'Annunzio




La Neve - di Giovanni Pascoli

pascoli


Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca,
senti: una zana dondola pian piano.  
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca, canta una vecchia, il mento sulla mano.

La vecchia canta: Intorno al tuo lettino  
c'è rose e gigli, tutto un bel giardino.  
Nel bel giardino il bimbo s'addormenta.  
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

Giovanni Pascoli